Ogni mattina è sempre la stessa storia. Il capo in ufficio che urla perché qualcosa non gli va a genio. Non ho mai conosciuto una persona così rigida e inflessibile. Ma tromberà ogni tanto quest’uomo? Ero immerso in queste riflessioni, quando un collega si avvicinò alla mia scrivania chiedendomi se stasera sarei davvero andato alla cena.
La moglie bona del capo
Avevo dimenticato l’appuntamento a casa del capo. La verità è che ho sempre memorizzato tutto sullo smartphone e da quando la mia ex aveva deciso di lanciarlo dal finestrino dell’auto, non avevo ancora avuto tempo di far aggiustare il display. Colpa mia, i pompini fatti dalle amiche fanno bene solo a noi maschietti e meno alle fidanzate. Però ne vale la pena. Che bellezza farsi sbocchinare dalle amiche.
Forse avrei fatto ancora in tempo a disdire, ma non sono mai stato un genio nell’accampare scuse. Pensai di chiederne una alla mia collega, lei sì che è tosta in questo, ma notai che era impegnata a parlare con una gran gnocca dal bel culo alto e una gonna che scopriva le caviglie sottili sorrette da tacchi a stiletto.
Era Vittoria, la moglie di quel coglione del mio capo. Dal polso languido pendeva un lungo sacchetto da cui scorgevo immagini strambe. Disse che stava cercando proprio me e che dovevo seguirla nell’ufficio del marito, dove avremmo messo a punto il menù della serata. Come potevo tirarmi indietro ora?
Una donna autoritaria
Ero stato poche volte nell’ufficio di Ennio e Vittoria si sedette sulla scrivania di suo marito, rivelando delle cosce toniche e brillanti. Nelle mie mutande ci fu una risposta immediata.
Tra i due correva uno strano modo di dialogare. Il tono collerico e da bullo del marito aveva ceduto il passo a un atteggiamento dimesso e ubbidiente. Più che un dialogo, era un monologo tenuto dalla donna, puntellato da sporadici “sì” del marito. E questo comportamento pareva piacesse anche a lei, a giudicare dal turgore galoppante dei capezzoli che le spuntavano dalla camicia.
Lei mi chiese di avvicinarmi, ma io mi ero piantato lì, quasi al centro della stanza, perché tra il mio cazzo e i capezzoli di Vittoria, sembrava si fosse innescata una lotta a chi diventasse duro per primo.
Stavo cercando in ogni modo di trattenere quello che la mia ex fidanzata chiamava “palo della luce”. Avevo paura di abbassare la testa e trovare il solito bozzo gigantesco, quello stesso che ormai i due stavano puntando.
Il marito cuckold si fa penetrare con lo strapon
Vittoria aveva improvvisamente preso a strusciarsi il pollice sulle labbra. Io ero stranamente preso da quella situazione, tant’è che la frequenza del battito mi impedì di capire appieno cosa lei stesse comunicando per telefono alla segretaria. Poi, mi invitò nuovamente da lei.
Andai accanto alla poltrona su cui era seduto Ennio, ma Vittoria si mise tra me e lui, dandomi le spalle. Sentii improvvisamente le sue natiche poggiarsi su di me mentre il marito osservava, quasi incuriosito.
Azzardai a infilare una mano sotto la gonna e sentii direttamente la pelle liscia dei glutei. Lei ricambiò il gesto abbassandomi la zip dei jeans e provò a tirare fuori la mia verga. Mossa inutile! Troppo grossa per poter uscire da un pertugio così stretto. Sentivo che la bramava e liberai la belva.
Mentre il marito si ravanava il cazzo dai pantaloni, lei manovrava la mia cappella intorno al suo buco stretto. Si voltò e con una mano mi tirò dal cazzo e con l’altra spinse la testa di Ennio verso il mio uccello. Non avrei mai pensato di farmi fare un bocchino così avido dal mio capo. Mentre lui inumidiva tutto fino alle palle, lei tirò fuori dal misterioso pacchetto un fallo di gomma che legò intorno alla vita, ormai nuda.
Feci un balzo indietro, chiedendo cosa stesse succedendo e mentre lei si avvicinava, il marito si abbassò anche gli slip e poggiò il culo sulla scrivania di ebano. Vittoria tornò nella stessa posizione di prima e afferrò il mio uccellone ancora colante della saliva del marito per infilarselo di botto su per il culo.
Dal cazzetto in tiro del marito, capii che gli piaceva vedere la moglie trombata da altri e presi a incularmela come un toro. Lei mi frenò, rallentando il ritmo e sollevò le gambe di Ennio. Stava quasi per infilargli quel cannone nel buco, quando io, quasi colto da un gesto di pietà, sputai sulla mia mano e cosparsi il fallo per inumidirlo.
“Ora possiamo scoparcelo”, mi disse. E mentre le sventravo il culo con colpi secchi, lei si fotteva il marito che gemeva come una mignotta che non prende un uccello da decenni.