Footjob in discoteca

Quella discoteca non mi piaceva tanto, ma visto che la bar-girl era la fidanzata del mio migliore amico, ci tornavamo ogni sabato. Nonostante la mini sexy divisa che lei doveva indossare, lui non era geloso.

Forse, quel sabato sera, soprattutto il mio amico si era lasciato andare un po’ troppo e iniziò a fare il galletto con un gruppo di ragazze che si dimenavano in pista. Per quanto riguarda me, preferisco mantenere un profilo più basso perché il mio obiettivo è sempre quello di tornare a casa con una bella figa da scopare.

Ragazza amante del footjob è gelosa
Finito il turno, la ragazza del mio coinquilino si avvicinò a me, chiedendomi di andarlo a recuperare prima che facesse qualche cazzata. Io le risposi che si stava divertendo come un matto e di lasciargli godere la serata, visto che aveva passato una dura settimana lavorativa. Ma, quando mi voltai, dovetti cedere di fronte a uno sguardo torvo e intimidatorio.

Obbligato a portarlo via dalle bocche fameliche delle ragazze che lo avevano già circondato, non feci nemmeno in tempo ad arrivare che una di loro gli stava già mettendo la lingua in bocca mentre la mano frugava nei pantaloni. Mi voltai verso la sua ragazza per capire cosa dovessi fare e la vidi correre nella nostra direzione.

Pensavo dovesse scatenarsi il finimondo ma mi sentii afferrare dal polso e tirare, allontanandoci dalla pista. Non capivo dove mi stesse portando. Lei aprì una porta di servizio riservata al personale, ma fummo costretti a uscire, visto che il capo si stava sbattendo avidamente due mignotte.

Palpate nei bagni della discoteca
Mi teneva ancora dal polso e, mentre io cercavo di parlarle per calmarla, entrammo insieme nel bagno degli uomini. Ci infilammo in una toilette e lei chiuse la porta a chiave. Si portò l’indice in modo da collegare labbra e naso, invitandomi a fare silenzio.

E chi parlava? L’unico rumore che si sentiva era il fiotto cascante delle pisciate di chi occupava gli altri bagni. Lei, poi, si avvicinò a me molto lentamente e mordicchiandosi il labbro inferiore, mi mise una mano direttamente sul pacco.

Strinsi i glutei per il piacere provocato da una carezza morbida ma decisa, come di una pinza che struscia le palle e il cazzo. Non capivo perché si stesse comportando in quel modo e il mio pensiero andava solo al mio migliore amico ubriaco. Non volevo tradirlo.

Dopo aver abbassato il coperchio del water, mi spinse verso il basso per farmi sedere. Pensavo volesse parlarmi e invece iniziò a sbottonarsi lo striminzito top di pelle e lo gettò sul pavimento. Non avrei mai pensato che due tette potessero reggersi da sole senza reggiseno ma le sue erano davvero ben sode.

Senza nemmeno che me ne accorgessi, la mia mano le stava già palpando.

Footjob in discoteca
Si avvicinò al mio orecchio solo per dirmi: “La fai una cosa per me?”. L’unica risposta che riuscii a darle fu il ciondolio del capo in segno di consenso. Mi chiese di sbottonarmi i pantaloni e di abbassare le mutande.

All’inizio ero riluttante. Quella situazione mi aveva già eccitato e io ero fin troppo duro. Non volevo fare un torto al mio amico. Ma la sua lingua che si inumidiva le labbra preludevano a un bocchino senza paragoni. Mi sbagliavo!

Dopo essermi calato pantaloni e mutande, il mio cazzo svettava dai lembi della camicia. Lei lo prese solo un po’ in mano, quasi estasiata e poi poggiò le sue natiche sul top che aveva lanciato per terra. Si tolse i tacchi a spillo e avvicinò due bellissimi piedi morbidi al mio membro.

Lisci, delicati e con uno smalto rosa confetto che impreziosiva dita chiare e affusolate. Le piante dei suoi piedi serrarono il mio uccello in una posa che mi sconvolgeva il cervello. Tutto iniziò tirando il cazzo verso il basso, in modo che la mia cappella fosse esibita tutta. Poi portò i piedi verso l’alto in un movimento più soffice, quasi sfiorando la pelle pulsante del pisello.

Mi stava facendo una sega coi piedi. Nessuna mi aveva mai dedicato un’attenzione del genere e vedendola così, mentre si sgrillettava la fica, coi capezzoli turgidi e la lingua di fuori, anche le mie palle andarono in tumulto.

I suoi piedi mi masturbavano con precisione tattica e sapevo che non avrei resistito a lungo, se avesse continuato a sfregare le sue piante in quel modo. E quando mi disse che il mio uccello era di gran lunga più grosso di quello del suo ragazzo, non riuscii a contenermi e mi abbandonai a una sborrata liberatoria che schizzò in parte sulla mia camicia e in parte colò sui suoi piedi.

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